7 Commenti
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Avatar di Fosca Topazia

Hai sollevato un problema decisamente importante, la percezione della perdita di potere da parte di una classe di intellettuali che si rifiuta di dialogare con ciò che è altro da sé. Punto di vista particolarmente miope, perché vorrei sapere cosa ne sarebbe dell'editoria se i vituperati booktoker smettessero di interessarsi ai libri per dedicarsi ad altro.

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Avatar di Federica Urso

Mah, l'editoria perderebbe una fetta di introiti, ma ho come l'impressione che non se ne curerebbe troppo

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Avatar di Fosca Topazia

Eppure vengono interpellati nel momento in cui "fa comodo" e c'è da fare una campagna marketing, per spingere proprio su quella community che i lettori cercano nell'esperienza libro. Pur non essendo figure specializzate, mi sembra che i bookblogger vengano considerati solo quando faccia comodo farlo, e poi liquidati con discreto livore. È emblematico secondo me che per pubblicizzare alcuni libri alcune case editrici si affidino a loro per la traduzione dei contenuti o per la gestione di determinate collane, anche quando non hanno le competenze per farlo. Mi sembra un atteggiamento un po' bipolare.

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Avatar di Michelangelo Carrieri

Beh è una cosa non da poco.

Come te, ho visto anche il video su YouTube, sono in parte d'accordo con quanto scritto, sia da Simonetti che da Baudino. La questione dell'impoverimento del linguaggio e della semplificazione dei contenuti, esiste ed è figlia di una serie di questioni profonde e vecchie. Sicuramente la questione televisione, prima, e social, dopo, hanno peggiorato il tutto.

Quello sul quale non concordo è questo "piangersi" addosso. La critica, ed Ilenia l'ha dimostrato, piace, interessa ed avvince. Ovviamente non può più essere fatta come veniva pensata 20 anni fa. Non tutti, io in primis, mero informatico, hanno le conoscenze, la cultura e gli strumenti per seguire una critica di un certo livello.

Questa però può diventare un percorso graduale. Si possono avvicinare le persone, farle appassionare, creare contenuti che possano essere fruiti da tutti e tramite questi, magari col tempo e con cura, mettere a disposizione dei percorsi di crescita comune.

Il problema, a mio avviso, è voler continuare a volere una critica elitaria, chiusa ed incomprensibile ai più. Che senso ha in un mondo di 8mld di persone, avere dei testi comprensibili ed apprezzabili solo da una minima percentuale? Che senso ha scagliarsi contro generi letterari quando la realtà è che, soprattutto in Italia, non vi è quasi cultura della lettura? E non parlo di lettori forti con oltre 50 libri ogni anno, ma parlo di lettori minimi, senza neanche uno, due, tre libri letti, fuori dall'ambito scolastico.

C'è anche un altro fattore che a mio avviso non va sottovalutato. Il mezzo di comunicazione utilizzato, il tempo di assorbimento dello stesso e la necessità che, il fruitore, ha di quel dato contenuto. Oltre all'altissimo tasso di analfabetismo funzionale che è presente in Italia.

Insomma, stare a lamentarsi e sbattere i piedi non credo sia la soluzione, neanche arrendersi e dare la colpa ai digital creator. Piuttosto un esame, a mente lucida, del perché certe cose non funzionino più.

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Avatar di Paoladm

Non tutte le premesse di questo post sono condivisibili. Come te, anche io (e altri/e, a giudicare da commenti) abbiamo avuto velleita’ da critici, seri e seriosi, in tardoadolescenza. Perche’ allora non dovrebbero averle questi critici amatoriali, con le conseguenze del caso? Siamo forse speciali io e te? Alcuni membri del contesto editoriale italiano hanno colto, consapevolmente o meno, un trend culturale le cui ripercussioni vanno oltre la lettura. Non siamo lontani da una distopia in cui sempre piu’ leader mondiali raccolgono consensi esprimendosi a livello di terza elementare, dato che i loro cittadini non solo non capiscono oltre, ma (nel migliore dei casi) si rifiutano di andare oltre, o (nel peggiore) non riescono proprio a vedere oltre, cosa che i contesti culturali incoraggiano a tutti i livelli. Le frustrazioni espresse dai critici potranno anche essere dirette all’obiettivo sbagliato, ma condividerei di piu’ le riflessioni del post se si facesse lo stesso sforzo richiesto ai critici, di evitare lo snobismo degli adulti che hanno il dovere di rendersi conto della realta’ in cui viviamo.

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Avatar di Federica Urso

Ciao, grazie per il commento! Ovviamente qualsiasi ragazzo/a può avere velleità da critico, ci mancherebbe altro, però è importante dire che il critico ha un percorso accademico (e una comunità, come dice anche Simonetti) alle spalle: non è una professione improvvisata sui social solo perché si fanno due recensioni, altrimenti finiamo per fare un torto anche ai critici letterari. Non è una questione di snobismo ma di cogliere le differenze e soprattutto riconoscere lo studio che c'è alle spalle di una professione. Detto questo, la critica amatoriale sui social va assolutamente incoraggiata senza alcuna puzza sotto il naso, e sarebbe bello che i critici letterari cogliessero l'opportunità per rinnovare la professione anziché trincerarsi.

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Avatar di M. T. Locatelli

Ottimo articolo, grazie!

Mi piacerebbe, un giorno, leggere di questa tua evoluzione da giovane critica spietata alla persona che sei oggi, un po’ perché ci siamo conosciuti in quell’era iniziale (circa 2012 credo) e faccio un po’ fatica mentalmente a conciliare queste due facce, e un po’ perché in questi (tanti) anni tutti noi che ci occupavamo di libri ci siamo evoluti in un modo o nell’altro, e sarei curioso di fare un confronto anche con la mia crescita. È un argomento di cui hai già scritto da qualche parte, per caso?

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